giovedì 10 settembre 2015

Jazz & Wine Of Peace

24-26 OTTOBRE, CORMONS E LOCALITÀ LIMITROFE

Jazz & Wine Of Peace

Festival

Raffinate proposte musicali nelle aziende vinicole e poi la sera artisti di richiamo al teatro Comunale di Cormons componevano quest’anno la ricetta di qualità della rassegna friulana, risultata vincente nonostante proprio i concerti in teatro siano apparsi i meno stimolanti, con un Bill Fri-sell appiattito nel progetto Guitar in thè Space Age, Youn Sun Nah grande cantante troppo fine a se stessa e poco omogenea ai peraltro ottimi compagni, e Avishai Cohen animale da palcoscenico dalla però modesta originalità musicale. Poco male, perché quanto passato per le cantine — tutto tra l’altro assai raro da ascoltare in Italia — ha pili che compensato: dall’interessante quartetto ungherese diretto dall’esperto sassofonista Istvàn Grencsó, al quartetto del bandoneoni-sta e flautista Carlo Maver (con Mirra e Succi), che fondeva folk apolide, improvvisazione e camerismo in una musica difficile da etichettare; dal paritetico trio di Tino Tracanna, che ha proposto proprie musiche su atmosfere assai diverse, mettendo in risalto le qualità del contrabbassista Giulio Corini, al duo del chitarrista Garrison Fewell con la voce di Boris Savoldelli, che - nella splendida Abbazia di Rosazzo - hanno improvvisato con elettronica e sperimentazioni timbriche toccando punte di autentica poesia, come nel solo del chitarrista dedicato a John Tchicai; fino al trio di Chri-stof Lauer, sassofonista torrenziale e multiforme dall’espressività coltraniana, con Godard e Fiéral.

Sempre nelle cantine, più articolato — e un po’ troppo intellettualistico, ancorché apprezzabile - il quintetto di Mary Fialvorson, frammentato in piccoli gruppi dalle fitte partiture per valorizzare i diversi temperamenti dei suoi membri: Jonathan Finlayson, Jon Irabagon, John Hébert e uno splendido Ches Smith. Particolarmente stimolante, poi, James Brandon Lewis: improvvisazioni al tenore su reiterate variazioni di piccoli temi, di impetuosa comunicativa e stupefacente intensità, con la strabordante energia di Max Johnson al contrabbasso e Dominio Fragman alla batteria.

La palma di miglior concerto è però spettata un po' a sorpresa al polistrumentista austriaco Karlheinz Carlitos Miklin con il Quinteto Argentina, che a Nova Gotica ha mescolato tango e sperimentazione, mainstream e concitata improvvisazione. Ben coadiuvato dall’esperto e sorprendente trombettista Gustavo Bergalli, Miklin vi ha esaltato le enormi qualità strumentali — soprattutto espressività e sofisticata costruzione dei fraseggi — che ne fanno uno dei fiati più interessanti e sottovalutati d’Europa.

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